martedì 11 febbraio 2014

FREE TAKAE, PARTE II


Oggi, nel cuore di Naha, si è tenuta l’ennesima manifestazione contro i progetti di ampliamento delle basi militari americane nella baia di Henoko e nella foresta Yanbaru – nei dintorni del villaggio di Takae -, nel Nord dell’isola maggiore dell’arcipelago di Okinawa. Anche in questa occasione chi ha protestato, me fra loro, lo ha fatto in maniera divertente, quasi come in una specie di piccolo carnevale. Per l’occasione io e Satoka abbiamo preparato cartelli dai messaggi forti e chiari, poi abbiamo raggiunto i facinorosi accampati per un grande picnic alla base del municipio di Naha.













Rispetto al passato – questa deve essere già la terza o quarta manifestazione a cui partecipo – c’è stata una crescita di livello, dal locale all’internazionale. In passato si vedevano solo cartelli in giapponese, ma oggi erano molti anche quelli in inglese. Forse una conseguenza della recente rielezione del sindaco di Nago, dichiaratamente anti-basi e contrario alla strategia del primo ministro Abe. Numerosi i giornalisti e i fotografi, intenti a riprendere chi leggeva messaggi al governatore di Okinawa (Nakaima), un voltagabbana che si è rimangiato le promesse elettorali appena Abe gli ha promesso di ricoprire Okinawa di yen se gli avesse lasciata carta bianca per far spazio a ulteriori basi americane. Una bambina ha letto anche un bel messaggio di invito a visitare Okinawa destinato alla nuova ambasciatrice americana in Giappone, Caroline Kennedy, di recente balzata alla cronaca per aver protestato contro l’oscena strage di delfini nella baia di Taiji, un macabro rituale che si ripete ogni anno difeso dal governo di Abe in nome della abusata ‘cultura’ (finiti i delfini finirà la cultura?).















La sfilata è stata preceduta da una serie di spettacoli di musica: dall’onnipresente Hula hawaiana a musica vagamente balcanica, a suon di fisarmonica. Una mostra fotografica sull’ecosistema in pericolo e sulla situazione nei pressi di Takae – dove sono in costruzione nuovi eliporti per i devastanti elicotteri Osprey – ha fatto da sfondo all’evento. A pochi metri dal raduno si aggirava il solito cretino – una macchietta di Naha – che va in giro con un’auto sormontata dalle bandiere giapponese e americana, altoparlante e una serie di poster pro-militari americani. Tutte le volte che lo fotografo si nasconde la faccia con un ventaglio, ormai è diventato un rito…











Alle 4 in punto il corteo ha imboccato Kokusai-dōri, la via dei turisti e dei negozi ricoperti di souvenir pacchiani. Tutto molto ordinato, come sempre regolato dalla polizia che ha fatto sfilare i manifestanti in un corridoio apposito. Come in passato, la cosa che ho trovato più divertente è stata osservare i volti di chi incappava nel corteo. Negozianti che si domandavano che diamine vogliamo. Turisti pure. I più interessanti sono quelli di chi è evidentemente contro la mascherata e vota Abe. Nessuna protesta, solo facce nere che girate dall’altra parte, come se avessero annusato brutte puzze.



















Il corteo, accompagnato da un circo di musicanti assortiti, è terminato al piccolo parco prospiciente la stazione Makishi del monorail. Lì, dopo un po’ di musica ancora, si sono fatte chiacchiere, i bambini hanno giocato, e poi tutti sono tornati alle loro faccende con l’idea di almeno aver provato a fare qualcosa per migliorare la situazione della povera Okinawa, ormai da troppo tempo laboratorio degli interessi di Tokyo e di Washington. Alla prossima manifestazione, se Abe non mi manda al confino, ci sarò.







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