lunedì 1 luglio 2013

KITTYNO, UNA SETTIMANA DI PASSIONE



Circa una settimana fa siamo usciti di casa, io e mia moglie, per andare a comprare un cappello antifrittura (del cranio). Anziché con il cappello, siamo tornati a casa con un gatto. Un microgatto, per l’esattezza. Stava attraversando una strada nel quartiere di Yorimiya, dove viviamo, e l’ho raccolto poco prima che diventasse pelle da custodia per copertoni. Miagolava di brutto, zero madri in giro (abbiamo passato allo scanner tutto il vicinato, senza esito), una fame da neonato. Doveva avere un paio di settimane. Sesso sconosciuto, ci è sembrato un maschio, l’ho chiamato Kittyno. Cazzo facciamo? È la domanda che mi sono chiesto cento volte. Prima lo abbiamo portato a Yogi Park, sotto casa, dove vegeta un battaglione di mici randagi. Il giorno prima avevo visto una madre con un cucciolo, forse avrebbe adottato il nostro. La famiglia abitava in un canale che porta alle fogne e qualcuno si occupava di loro, come testimoniava qualche scatoletta lasciata nella tubatura. Appena vi abbiamo depositato il mini-neko il potenziale fratello maggiore gli ha soffiato con aria minacciosa, e la potenziale madre adottiva si è ritirata all’interno del canale. Abbiamo provato a piazzarlo a un’altra gatta, nera e prossima a partorire, nella speranza che… altro soffio. Allora ho capito che le situazioni in cui una madre gatta adotta cuccioli di tigre siberiana o di cinghiale sono solo fantascienza da giornali, ma che nella vita vera l’amore materno si limita al cortile di casa propria. Cazzo facciamo 2?

  
‘La gattara di Heiwa-dōri!’, mi ha suggerito Satoko, mia moglie. Nella galleria commerciale di Naha, infatti, c’è una dolce vecchietta che, fra ristoranti e negozi, gestisce un rifugio per mici. Le abbiamo depositato il nostro fra quelli già insediati lì, MOLTO più grandi, con una ciotola di latte per gatti neonati. Io avevo già inforcato la bici per la fuga, ma Satoko è rimasta a vedere se il micino si ambientava, così la gattara è uscita e l’ha beccata sul luogo del delitto. Domande a raffica, tendenti all’incazzoso. Sono tornato indietro. Fra le lacrime Satoko le ha spiegato la situazione – ‘Non possiamo prenderlo, ne abbiamo già uno e l’appartamento è grande come la cella di un sommergibile’ -, finché non abbiamo ottenuto un ‘Ok, ve lo tengo per il fine settimana, ma lunedì le dovete trovare un altro alloggio’. Prima di mandarci via, la vecchietta ci ha insegnato come sfamare un micino di quelle dimensioni (mi stava nel taschino della camicia), con biberon e latte in polvere.


Lunedì siamo tornati a recuperare il micino e, previa telefonata, lo abbiamo portato al nostro veterinario. Al telefono avevo capito che il dottore si sarebbe occupato di tenere e piazzare il micino, ma una volta nel suo ambulatorio si è rivelato un mercenario prezzolato a tassametro. Visto che io vivo di ossigeno e amore, e che il denaro è per me un’entità sconosciuta, mi sono potuto permettere di pagare l’hotel per Kittyno solo per un paio di notti. Poi… cazzo facciamo 3? Davanti al panico di mia moglie, ho dovuto chiamare la cavalleria: i suoceri. Hanno preso un aereo da Kamakura e ci hanno raggiunti, così da gestire la spinosa situazione tutti assieme appassionatamente. Finito il bonus dal veterinario mercenario abbiamo traslocato Kittyno a casa, dove il sottomarino ha visto all’improvviso raddoppiata la propria popolazione: da 2 adulti e 1 neko a 4 adulti e 2 neko.


Satoko ha allestito un ottimo recinto per il nuovo arrivato, mentre la micia Tabi, di solito regina della casa, si è fatta prendere da una crisi di gelosia. Tanto che alla notte è fuggita da casa. Crisi di panico, a cercarla fra le tre e le quattro del mattino, senza trovarla. Per poi risvegliarsi alle sei e trovarla al posto di sempre, sul balcone. Aveva infilato la porta aperta – nel sottomarino fa un caldo allucinante, con la porta chiusa si soffoca – e avuto la sua prima wild night nel Far West del Mondo di Fuori, per fortuna tranquillo e con poche auto randagie. Siamo così sopravvissuti fino a ieri, domenica, quando Satoko ha scovato Dio, o giù di lì. Dio, per me questo fine settimana, ha preso il nome di Cherubims, un’associazione di volontari che si occupa di accudire e dare in adozione gatti e cani randagi. Che il loro Nome sempre sia lodato.





Ieri, noleggiata un’auto e caricatala con tutte le pappe e gli accessori di cui un microgatto può avere bisogno, siamo andati a Chatan, una delle cittadazze cresciute alla cazzo-di-cane, con tutto il rispetto per il cane, attorno alle basi militari gringhe. Lì, davanti al megahotel The Beach Tower Okinawa, ogni domenica dall’una del pomeriggio alle sei, gli angeli di Cherubims allestiscono due tendoni: uno per i cani e uno, più affollato, per i gatti da dare in adozione. Ci hanno accolto amichevolmente e Kittyno è stato traslocato in una delle loro gabbie. Era il più piccolo degli ospiti, anche perché di solito i micini devono passare circa due mesi prima di venire dati in adozione. Come tale (più piccolo = più bello) è durato solo dieci minuti nella gabbia. 







 








Un santo ragazzino che vive a Uruma City, con genitori appresso, lo ha avvistato al volo. Se n’è innamorato e dopo un po’ di PR da parte di Satoko (un’ottima venditrice) Kittyno è stato piazzato. La nuova famiglia ha già un gattino e un cane, dunque sono seguaci di San Francesco, e questa è una garanzia per il futuro del nostro microgatto. L’associazione ha fatto firmare a loro e a noi l’atto di cessione. Il padre del ragazzino che lo ha adottato ha dovuto sigillare il contratto con tanto di impronta digitale a inchiostro rosso, manco avesse comprato una nuova casa. 









Foto di gruppo quale prova del fatto compiuto, 1000 yen all’associazione da ambo le parti (spiccioli, considerando i costi delle pappe e il loro sbattimento), tutti felici! A parte noi. Cioè, felici, ma disperati. Satoko è tornata a casa piangendo come una fontana, io ho tenuto le lacrimucce negli occhi solo perché in Giappone gli italiani hanno fama di machos e io non sono venuto fin qui per sfatare miti. Kittyno, però, ci manca. Cazzica, se ci manca. Buona fortuna, Super Gattino!


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